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15 Marzo 2024

 

Bonus Mamme, l’esonero contributivo per le lavoratrici madri

 

La legge di bilancio per il 2024 (L 213/2023) ha introdotto, con i commi 180 e 181, un esonero contributivo a favore delle lavoratrici madri di tre o più figli, dipendenti a tempo indeterminato, valido dal 2024 al 2026. L’esonero, in via sperimentale, è stato esteso nel 2024, anche alle madri di due figli.  Il 31 gennaio 2024 INPS ha pubblicato la circolare 27 con cui dettaglia le modalità per rendere operativa la misura.

In cosa consiste l’esonero contributivo
L’esonero consiste in una riduzione dei contributi IVS (invalidità vecchiaia e superstiti) a carico della lavoratrice (che di norma sono pari al 9,19% della retribuzione imponibile) nella misura massima di 250 euro al mese (per un totale annuo massimo di Euro 3.000). Esonero che il datore di lavoro potrà applicare, a partire da gennaio 2024 (agendo a conguaglio sulle denunce contributive nel corso dei mesi di febbraio, marzo ed aprile) previa esplicita e formale richiesta da parte della lavoratrice, corredata dei codici fiscali dei figli.

A chi spetta il bonus mamme
L’esonero spetta negli anni 2024, 2025 e 2026 alle lavoratrici che hanno avuto (o hanno adottato) almeno 3 figli anche qualora questi non siano più conviventi (o non più viventi) o affidati esclusivamente al padre, fino a che l’ultima/o di questi compie 18 anni. Per il solo 2024, l’esonero spetta anche alle lavoratrici che hanno avuto (o adottato) 2 figli e in questo caso fintanto che la/il più piccola/o non compia 10 anni.

L’esonero spetta a tutte le lavoratrici, apprendiste comprese, assunte a tempo indeterminato sia a tempo pieno sia part time, in qualunque settore economico (escluso il lavoro domestico) e dipendenti da qualunque datore di lavoro privato e pubblico. Spetta anche nel caso di trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato.

Le caratteristiche dell’esonero contributivo
Per le sue caratteristiche la misura non è considerata aiuto di Stato quindi non richiede l’autorizzazione della commissione europea (è quindi immediatamente operativo) e non incide sui limiti del “de minimis”. Inoltre, agendo solo sui contributi a carico della lavoratrice, non rientra nella categoria degli incentivi per i quali è richiesto al datore di lavoro il rispetto dei principi generali in materia di incentivi all’occupazione stabiliti dall’articolo 31 del decreto legislativo n. 150/2015. Non è neanche subordinato al possesso, ai sensi dell’articolo 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, del documento unico di regolarità contributiva (DURC).

L’esonero è strutturalmente alternativo a quello previsto dalla stessa legge di bilancio per tutti i lavoratori con retribuzioni imponibili non superiori a 2692 euro mensili (comma 15 della Legge di Bilancio) pari al 6% della retribuzione imponibile (ovvero al 7% nel caso di retribuzioni imponibili non superiori a 1923 euro mensili). Va segnalato che rispetto a questo, per le donne che ne abbiano diritto, questa misura risulta decisamente più conveniente atteso che la misura massima dell’esonero rivolto alla generalità dei lavoratori con retribuzione non superiore a 2692 euro mensili (6%) è pari a 161,52 e a 134,61 nel caso di retribuzioni lorde non superiori a 1923 euro, mentre in entrambi i casi la misura dell’esonero rivolto alle mamme (massimo euro 250) assorbe completamente l’onere contributivo dovuto dalle lavoratrici che nel caso di retribuzione pari a 2692 euro sarebbe pari ad euro 247.

Inoltre l’esonero è cumulabile con ogni altro incentivo, eventualmente concesso al datore di lavoro, consistente nella riduzione dei contributi a carico del datore di lavoro, ad esempio per le assunzioni di donne, giovani, disoccupati ecc.

Va infine osservato che per specifica previsione normativa l’applicazione dell’esonero non ha impatti sulle future prestazioni pensionistiche, restando ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

Conclusioni
La misura è sicuramente interessante in quanto va ad agire nella direzione della riduzione del cuneo contributivo/fiscale che appesantisce le retribuzioni italiane. Nella valutazione, caso per caso, dei vantaggi della stessa, va tenuto conto che i contributi esonerati (massimo 250 euro mensili) vanno ad accrescere l’imponibile fiscale della donna lavoratrice e subiscono quindi una decurtazione, a causa dell’imposta sulle persone fisiche applicata sulla retribuzione.

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